GENTE DI FOZA


Sabato 6 marzo 2010 alle ore 16.00, presso la chiesa parrocchiale di Foza, si è tenuta la presentazione del libro "Gente di Foza" di Luigi, Rossella e Gabriele Menegatti.

Oltre agli autori sono intervenuti: Filiberto Agostini (Università di Padova), Giancarlo Bortoli (storico), Sergio Bonato (presidente Istituto di cultura Cimbra di Roana), Luigi Alberton (esperto di comunicazione).














Indice dei capitoli del Libro

Presentazione, di Mario Rigoni Stern
Le radici di un uomo, di Giancarlo Bortoli
Prefazione, di Rossella Menegatti
Introduzione

PRIMA PARTE
I - LA VITA NEL VILLAGGIO CIMBRO
1. Gli anni della Spettabile Reggenza dei Sette Comuni
2. Storie di transumanza 41
II - I SENTIERI DEL CONTRABBANDO
1. Massimiliano d’Asburgo in paese
2. Il reclutamento sotto l’Impero Austro-Ungarico
3. Gli archibugi della Milizia dei Sette Comuni
III - LA SERA DEI MORTI
1. I magici abitanti dei monti
2. L’antico incontro con un sanguanel

PARTE SECONDA
IV - IL PAESE IN GUERRA
1. Giungono i primi venti di guerra
2. La campana suonava a martello...
V - VICENDE DI PROFUGHI
1. In fuga da Foza 2. Alpigiani e soldati nel paese sfollato
3. Il paese strategicamente militarizzato
VI - PROFUGHI PER LA SECONDA VOLTA
1. Verso il sud Italia
2. Il ritorno 160

PARTE TERZA
VII - IL VILLAGGIO BRUCIA
1. Foza ridotta a cumulo di macerie
2. Il campanile di Gavelle, muto testimone
VIII - LA RICOSTRUZIONE DI FOZA
1. Dopo il ritorno, un nuovo inizio
2. Gli eremiti di San Francesco
3. I morti dell’Ortigara
4. Il recupero del primo dopoguerra
IX - DISORDINI E DISOCCUPAZIONE
1. Il prete nella mischia
2. La grande emigrazione degli anni Venti, di Gabriele Menegatti

PARTE QUARTA
X - GLI ANNI DEL SECONDO CONFLITTO MONDIALE
1. In tempi di guerra
2. Fascisti e partigiani
3. I cantieri di lavoro
4. Il recupero del secondo dopoguerra
5. L’ultima grande emigrazione, di Gabriele Menegatti
Conclusioni: I caratteri della tradizione, di Rossella Menegatti
Appendice
Ringraziamenti
Bibliografia



Foza prima della Grande Guerra. Sullo sfondo monte Meletta (Melhecke)
e monte Tondereckar.



Foza anteguerra. La piazza.


PREFAZIONE

È stato più volte ribadito che il successo di Il villaggio brucia è da attribuirsi principalmente alla lungimirante intuizione dell’autore di dover interessarsi al più presto a raccogliere, e dunque conservare, ricordi e testimonianze su Foza, che sono sì legati saldamente ai grandi e drammatici fatti storici, ma sono anche, e soprattutto, semplici vicende di vita quotidiana, l’insieme di abitudini e di tradizioni appartenenti alla cultura popolare, sono eventi religiosi, momenti di svago e di riunione, sono ritratti di personaggi caratteristici, sono anche fiabe e racconti fantastici che hanno fatto da sfondo alle giornate di intere famiglie. Tutto questo è Foza, attimi intrecciati tra loro a formare un’epoca che, troppo spesso, viene guardata da lontano, tanto da perderne di vista i dettagli, come fosse un DNA che ad occhio nudo non si può neppure immaginare.
Così, eventi di uomini e di donne qualsiasi, appartenenti a una piccola comunità dalle radici antichissime e leggendarie, prima ancora d’appartenere ad una grande nazione europea, si perdono nell’oceano della storia, nella reductio ad unum di un contesto troppo ampio ed in costante evoluzione che, inesorabilmente, inghiotte retaggi, usanze, costumi, tradizioni e lingue diverse.
La presente edizione s’inserisce in quest’ambito, senza la presunzione di porsi come libro di storia, ma presentandosi piuttosto come “diario di paese”, perché chiunque abbia a Foza le proprie origini potrà trovarci un’immagine familiare, una data, un episodio conosciuto, un nome di cui ha tanto sentito parlare in casa, un evento di cui s’era ormai scordato o un termine caduto in disuso. Anche qualcosa di nuovo, però, perché molti giovani vi potranno scoprire i diversi e ormai perduti modi di vivere che appartennero ai loro antenati e a tutti quelli con cui condivisero necessità ed eventi, e potranno dunque anche giungere a conoscere quelle epoche lontane già mutate dal tempo che incessantemente scorre determinando progressive e sempre più complesse esigenze, ma che non ci ha mai precluso di divenirne testimoni più consapevoli.
A quattordici anni di distanza dalla sua pubblicazione, Il villaggio brucia si presenta oggi in una nuova veste, completamente rivista e arricchita; questa scelta ha portato poi alla decisione di cambiare il titolo in Gente di Foza, ampliando la sua prospettiva sulle famiglie del paese.
L’autore, mio padre Luigi Menegatti “Sette”, ha voluto approfondire alcune tematiche già affrontate nella prima edizione, inserendovi, però, ulteriori dati e notizie che permettono una lettura più esaustiva, senza dubbio indispensabile da un punto di vista storiografico, ma utile anche al lettore che desideri precisazioni e dettagli. Allora troveremo date di nascita, nomi, cognomi e soprannomi dei personaggi o delle famiglie presentate(2), troveremo ulteriori informazioni riguardo alle loro esperienze, spesso legate a vicende di guerra e d’emigrazione, troveremo anche molti più termini in lingua cimbra, apportando la loro traduzione, o una “possibile traduzione” nei casi in cui non ci sia mai stata un’italianizzazione degli stessi. In qualche modo, insomma, respireremo il clima degli anni in cui ogni località, ogni promontorio, ogni valle e ogni incrocio aveva il suo specifico nome, quando in paese chiunque, perfino le bestie, comprendeva questo linguaggio di origine tedesca e completamente sconosciuto in pianura. Rispetto a Il villaggio brucia, Gente di Foza è arricchita, inoltre, di numerosi documenti fotografici e d’illustrazioni artistiche, posti quasi a voler accompagnare la nostra immaginazione nella realtà delle epoche di cui si narra, rendendole meno distanti ed estranee ai nostri occhi. Perché l’autore ripercorre, in modo quasi romanzato, l’intera evoluzione di Foza dalla sua nascita fino agli anni più recenti, riportando e descrivendo i momenti cruciali, causa di cambiamenti, ovvero stravolgimenti, del paese.
Più snello in alcune sue parti, come ad esempio l’appendice conclusiva, Gente di Foza è composto di dieci capitoli distribuiti in quattro macro-sezioni che sud- dividono le principali epoche storiche di riferimento. La prima parte riassume i punti cruciali del periodo precedente il conflitto mondiale, in cui, tra le altre cose, leggeremo di come, già ai tempi della Repubblica di Venezia, i capifamiglia auto-governarono le loro comunità, sapientemente e democraticamente, in uno Stato autonomico(3), quale fu la Reggenza dei Sette Comuni. E nonostante negli anni l’argomento sia già stato sapientemente trattato da vari studiosi, avremo qui la possibilità di approfondire la teoria dell’apparato governativo federale attraverso l’osservazione di un caso concreto di applicazione e Luigi Menegatti illustra, appunto, la realtà di Foza, con tutte le sue peculiarità, le domande della sua comunità, le risposte dei suoi governanti.
Ripercorreremo, nella seconda parte, gli anni della Grande Guerra che videro il drammatico spopolamento del paese, lo sciacallaggio e l’insediamento di militari italiani e tedeschi in luoghi dove fino ad allora il confine politico non aveva mai assunto alcun senso, se non quello più negativo di dividere “concettualmente” due popoli legati tra loro da vincoli che andavano molto oltre il semplicistico rapporto di “buon vicinato”.
Tuttavia, l’autore non si sofferma a descrivere per il paese i fatti storici ufficialmente già conosciuti e forse generalizzabili per le piccole comunità montane del Veneto, ma preferisce allargare la sua attenzione alle vicissitudini di singoli e di famiglie profughe. È per questo, allora, che il racconto procede con la narrazione di episodi accaduti a molti di loro, dal momento in cui partirono per raggiungere destinazioni talvolta anche molto lontane nella penisola e che, ai loro occhi, apparivano davvero straniere per il modo diverso di vivere e di parlare. Ripercorrendo fatti reali, l’autore s’accompagna, dunque, ai passi di queste persone che un giorno tornarono, al termine del conflitto, in un paese ormai profondamente mutato, distrutto, stravolto, dove perfino la sua Terra, ferita in trincee ed in violenti strappi come fosse un “gigante abbattuto”, dovette subire il dramma di una guerra che l’avrebbe per sempre segnata. La terza parte del libro è dedicata, infatti, agli anni del primo dopoguerra, nel difficile periodo di ricostruzione del paese e di ripresa di una vita il più normale possibile, ma furono anni contrassegnati da eventi particolarmente drammatici, resi complessi da disordini economico-politici che dagli anni Venti si portarono in avanti, de- terminando condizioni di vita piuttosto misere, condizioni che non si risolsero, né si alleviarono nel tempo, ed anzi, subirono un ulteriore colpo con lo scoppio della seconda guerra.
Infatti, per dare un quadro di Foza più completo e a noi vicino, Gente di Foza presenta l’importante aggiunta di una parte dedicata al periodo della Seconda Guerra Mondiale. In particolare, Luigi Menegatti ha ritenuto necessario focalizzare il suo interesse agli anni attorno alla Liberazione che, pur trattandosi di un periodo piuttosto recente, restano caratterizzati da circostanze di difficile memoria, situazioni drammatiche e di sviluppi complessi e spesso ancora controversi.
Non è possibile discutere di eventi a noi ancora così prossimi con estremo distacco emotivo, non è certamente facile considerando che l’autore riporta, non tanto scelte politico-militari fortunate o sfortunate, ma vere e proprie condizioni di vita ed avventure di giovani travolti dalle contrastanti correnti ideologiche degli anni della Resistenza, che a volte li hanno divisi con violenza, altre volte, invece, non hanno intaccato i loro più forti legami di sangue.
Così, l’autore ci illustra una Foza che con difficoltà si stava per affacciare al periodo del Grande Miracolo Economico, tra gravi problemi amministrativi e strategie di gente alle prese con la sua stessa sopravvivenza. Leggeremo d’intere famiglie impegnate a passare metro per metro le montagne in cerca del ferro di residuati bellici, attività che per diversi anni ha pericolosamente procurato la rendita necessaria a vivere; leggeremo dei cantieri di lavoro che hanno offerto un impiego a molti uomini in un periodo travolto dal problema della disoccupazione e dalla mancanza di risorse di prima necessità. Poi, leggeremo di uomini e donne che a causa di tali misere e di gran lunga poco promettenti condizioni furono letteralmente costretti ad abbandonare le rispettive abitazioni giungendo così ad aprire la nuova grande stagione migratoria e dando origine ad un’emigrazione di massa che da soluzione a breve termine di natura stagionale si sarebbe poi trasformata, o forse per molti anche rivelata, sistemazione definitiva.
Questo importante tema conclude il quadro del periodo storico non trattato nel precedente Il villaggio brucia, ma che l’autore propone a completamento di quel raggio d’osservazione che oggi si avvale, dunque, di una prospettiva più ampia. Poiché l’emigrazione risulta essere il fattore di mutamento maggiormente determinante nella struttura sociale di Foza e negli elementi ad essa connessi, Gabriele Menegatti, specializzatosi in materia, ci presenta il fenomeno, comprendendo anche alcuni casi umani, illustrandone la grandiosa portata sia come effetto di eventi-causa precedenti, sia come causa esso stesso di conseguenze attualmente bene evidenti.
Se nel caso dell’emigrazione la connessione del momento presente con il momento passato risulta più manifesto perché coinvolge moltissimi paesani spesso lontani tra loro, uniti però da forti ed equivalenti emozioni verso il proprio paese, Luigi Menegatti evidenzia la presenza di tale correlazione anche in fatti e persone apparentemente slegati a noi, oggi, e c’esorta a considerarli, invece, parte integrante della storia presente. L’autore, dunque, ci insegna a stimare il passato cogliendone le numerose sfumature fino a sentirlo vivo, così come lui stesso ha imparato a fare nel corso degli anni trascorsi ad attingere e approfondire ogni dato e notizia inerente al suo amato paese.
A tal proposito, Luigi Menegatti attribuisce grande rilevanza alle fonti orali che forse più di ogni altra riescono a trasmettere in modo palese le sensazioni pulsanti dell’esperienza, per questo già in Il villaggio brucia egli fece riferimento in numerose occasioni ai racconti di Cristiano Contri “Trol” che viene nuovamente citato, in particolare riguardo a vicende che conducono molti di noi indietro ad epoche veramente lontane, talvolta sull’orlo della leggenda. L’autore si è avvalso anche di numerose altre fonti e testimonianze; gran parte delle informazioni sono tratte da interviste effettuate diversi anni fa e risultano essere soltanto il primo passo della sua lunga ed appassionante ricerca storica, madre di altre dettagliate ed interessanti opere. Tra le persone intervistate figurano nelle note di Gente di Foza la suocera Giuseppina Oro Lenz, Maria Chiomento Badaile, Marcello e Benedetto Menegatti Setti-Catagni, Aurelio Grandotto Fornaro, Antonio Contri Trol, Alessandro Gheller “Nino Gozza” e altri ancora.
Inoltre, grazie all’ausilio del fratello maggiore Salvino che ha lasciato alla famiglia un suo breve memoriale autobiografico, l’autore sembra quasi spostare il suo punto di vista per osservare con occhi altrui un periodo di cui egli stesso è stato testimone diretto. Dunque, il racconto di Salvino Menegatti, con cui l’autore ha condiviso gli anni della giovinezza ed importanti esperienze quali l’emigrazione in Svizzera, conferma o rinnova molti ricordi in comune, permettendo forse anche ad altri di ritrovarsi in luoghi, in tempi e con persone conosciute, come in una foto che, rispolverata a più mani, riprende i suoi veri colori.
Alla fine, come in una passeggiata senza tempo, l’autore ci avrà condotto per le contrade di una vecchia Foza a conoscerne gli abitanti, fino quasi a farci sentire le voci dei loro cori e le risate provenire da campi, orti, sentieri e valli di tutto il vivace paese. Avremo scoperto, nei loro volti pur sempre solari, il segno di una vita pesante, seguendoli idealmente per boschi e città, alla scoperta di mestieri e avventure. E quasi sentendo il calore di un focolare acceso a sera, tra gli odori e i rumori di cucina, tra i racconti di vecchi e i silenzi di bambini stupiti, avremo partecipato ai filò, avvertendo noi stessi il timore nei confronti di creature mitiche, fino a percepire, a notte inoltrata, la sottile presenza di fate, orchi e sanguanelli, di spiriti buoni e talvolta dispettosi.
Lentamente, poi, avremo visto mutare questo quadro, attraverso l’affievolirsi del connubio uomo-natura e della coincidenza del mondo dei vivi con quello dei morti, forse a causa di evidenti altre necessità o di una realtà che, in fondo, lascia sempre meno spazio a fantasia e folklore.
La seconda edizione si chiude, dunque, con alcune riflessioni personali nascenti da un approccio comparativo tra le vicende esposte e le condizioni che attualmente riguardano più da vicino noi, cercando di capire se, ed in quale misura, Foza ha conservato, nel tempo e nonostante tutto, le sue caratteristiche, le sue radici, i suoi miti ed i suoi più antichi retaggi.
Inoltre, da questo tipo di ragionamento, ritengo risulti spontaneo interrogarsi sulle prospettive degli anni futuri, sulle possibilità che riserva l’ignoto, facendo sempre tesoro degli insegnamenti che si possono trarre dal passato della nostra gente, e soprattutto, credo, dalle esperienze di quelli, numerosi, che tuttora vivono il paese altrove, nelle città del mondo, e ci mostrano costantemente come si può mantenere stretto il legame che àncora la persona, anche di nuova generazione, al territorio della propria appartenenza genetica.
Insomma, il graduale abbandono dei contesti originari e la loro sostituzione con nuovi elementi, impliciti nei mutamenti risultanti da distanze geografiche e temporali, potrebbe non riguardare il mondo di Foza ed essere, per questo paese, chissà, soltanto più apparente che sostanziale.
Rossella Menegatti Sette




Asiago, anno 2004. Da sinistra: Mario Rigoni Stern, Rossella Menegatti, Bruna Oro, Gabriele Menegatti.


Note:

2 Nomi e cognomi saranno seguiti dai soprannomi, in modo da rendere immediato il riconoscimento del singolo individuo o del suo ceppo familiare d’appartenenza. Da notare che i soprannomi contraddistinguono rami diversi di famiglie dallo stesso cognome, es. Menegatti “Sette” o Menegatti “Cavabuse”, Gheller “Cup” o Gheller “Bacani”. Il soprannome è adattato in numero rispetto ai soggetti cui si riferisce. Ad esempio: “i Cupi” o “i Setti” parlando degli appartenenti al ramo “Cup” di cognome Gheller, o al ramo “Sette” di cognome Menegatti. Inoltre, il soprannome è adattato in genere al soggetto cui si riferisce, es. Esterina Menegatti “Setta” o Angelina Gheller “Cupa” conosciute come “la Setta” e “Angina Cupa”. Altra particolarità è l’assunzione del soprannome della madre da parte dei figli, anziché di quel- lo predominante del padre, così come avviene anche con l’attribuzione del cognome, nei casi di assenza di quest’ultimo, per morte o per lunga emigrazione. Ad esempio: i figli di Angina Cupa Gheller sono Oro “Nobili” per parte di padre, ma conosciuti in paese come “Cupi”, dal soprannome “Cup” di lei, rimasta vedova. Oliva Oro Checata ed i suoi fratelli hanno assunto il soprannome dalla madre Maria Carpanedo Checata, perché il padre Antonio Oro Pegorel si trovava emigrante in USA. Marcello Menegatti detto “Ceo Catagno” ha assunto il soprannome dalla madre Domenica Lunardi Catagna, detta Catagnetta, essendo il padre, Policarpo Menegatti Sette, morto in giovane età.
3 A. Reposo, Profili dello Stato autonomico - Federalismo e regionalismo, Torino 2000, p. 3.