RIEVOCAZIONE STORICA

Luigi Menegatti
(tratto dal libro "Rievocazione storica su Foza")

Saluto tutti gli intervenuti ed in particolare l'amico Padre Antonio.
Spero che oggi l'Abate Marin abbia avuto un'accoglienza degna di quella che facevano i nostri avi, un'accoglienza in grande amicizia nello stile Benedettino.
Volevo ringraziare Don Tiziano, il sindaco Lunari, la Pro Loco e il suo Presidente Contri, per aver avuto buona volontà nell'organizzare un convegno, una tavola rotonda che consentisse a noi relatori ed a tutti gli amici che oggi sono intervenuti di ripensare, di ritornare un po' alle nostre origini.
L'On. Rodeghiero ha ricordato il libro che ho scritto, il primo che vuole essere un atto di amore verso questo paese e che ho voluto dedicare soprattutto agli emigranti.
Quante storie potremmo raccontare degli emigranti, ne abbiamo anche qualcuno presente oggi che arriva dal Brasile.
Credo che qualcuno si cimenterà un giorno per riprendere tutte queste storie - dei nostri che hanno dovuto, per necessità abbandonare questo paese - per trasmetterle soprattutto ai giovani.
Ricordavo appunto il mio primo libro che è intitolato "Il villaggio brucia" ed ha un finale un po' pessimistico perché questa nostra civiltà che ci porta sempre a correre ed a dimenticare, non lascia più il tempo per vedere dentro di noi per vivere la socialità, diciamo l'amicizia che era proprio qui fra queste montagne.
Chi di noi è più anziano si ricorderà che fino a qualche tempo fa si sentivano sempre le persone cantare, cantare nei prati, cantare nei boschi, cantare nelle piazze. Oggi non si sentono più forse stiamo perdendo un po' della nostra identità.
Il mio libro finiva con delle lettere accorate, lettere di un soldato, nonno dell'amico Giulio Cristiani, poi morto negli ultimi giorni di guerra, che dal fronte scriveva alla moglie.
La moglie profuga con il figlioletto scappava via, perché l'imperversare della guerra non aveva più consentito agli abitanti di rimanere in questi nostri amati monti. E quelli che vissero, ritornarono e ricostruirono il paese, il nostro bel paese.
Ecco, io credo che a noi oggi venga affidata una grande missione. In un libro che presenterò il 4 agosto, Tempo di radici, ho richiamato la necessità di riguardare alle nostre origini, alle nostre radici, appunto, che sono molto profonde. Questo soprattutto perché i nostri figli ed i figli dei nostri emigranti che sono ormai in tutti i paesi del mondo, possano ritrovare in queste nostre pagine, in queste nostre testimonianze, negli atti di questo convegno, un legame che non si deve mai interrompere con il paese dei propri avi. Ed anche per i turisti che vengono e che sono ben accolti. Perché anche loro colgano l'essenza del nostro diverso modo di essere, forse a volte un po' rude, un po' montanaro, ma che è il nostro modo di espressione, perché noi siamo vissuti in queste montagne in mezzo alle difficoltà, al clima che è avverso, alle nostre tradizioni, ed anche loro possano accogliere queste nostre tradizioni con disponibilità.

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