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Un altro bimbo del paese, Pietro Lazzari, classe 1900, fece in tempo a partecipare alle ultime azioni della I guerra mondiale, rimanendo sotto le armi fino al 1922.
Poi divenne prete e monsignore e da Berlino fu incaricato di seguire, come ispettore dei cappellani dei lavoratori, gli emigranti italiani impiegati nello Stato tedesco ai tempi di Hitler.
Da Foza furono ingaggiati anche capi squadra e interpreti, perché conoscevano bene il tedesco, come Pietro Ceschi, che partì con la figlia e con Giuseppina Oro, per lavorare nei campi.
I lavoratori normalmente tornavano a fine stagione ma non poterono tornare invece otto donne del paese sorprese nelle fattorie della Germania al momento dell'armistizio dell'8 settembre 1943.
In mezzo a mille traversie si salvarono miracolosamente dai bombardamenti e, alla fine della guerra, evitando le strade, fuggirono, dalla parte sbagliata.
Arrivarono in Polonia a piedi e furono internate in un campo di concentramento gestito dai russi. Subirono anche violenze e di una non si seppe più nulla.
Ritornando agli anni di fine '800, alcune famiglie spinte dalla miseria, si imbarcarono a Genova e partirono per il Brasile ed il Nord America.
Oggi, nelle zone di S. Paolo (dove da quasi 50 anni presta la sua opera il nostro missionario Padre Orazio Cappellari) e di Rio Grande do Sul, sono presenti pressoché tutti i nostri cognomi.
Un giornale del Brasile tempo fa riportò la notizia che a Serafina Correa, Louis Gheller, sindaco del paese, decretò che si parlasse la lingua veneta per una settimana intera.
Parimenti le miniere di Wonteggi in Australia videro la presenza di un nutrito gruppo di giovani minatori partiti dalle nostre contrade.
Molti vi rimasero per sempre, altri ritornarono per la nostalgia di casa, e c'è chi come Giomaria Gheller, tornò nel 1927 con la schiena spezzata e morì dopo pochi mesi dal rientro in paese, o Urbano Cappellari che, tornato anche lui ammalato, trascinò la sua vita costretto su di una carrozzella, non mancando mai di donare un sorriso a tutti quelli che lo avvicinavano e un aiuto agli emigranti che gli chiedevano in prestito i soldi per poter partire.
Oggi in Nuova Zelanda e in Australia, a Melbourne e nei dintorni, vivono alcune centinaia di emigrati dal nostro paese.
A molti giovani appena arrivati fece da mamma Linda Omizzolo, ospitandoli nei primi momenti di difficoltà di ambientamento e di ricerca del lavoro.
Sopra le scale del Veneto Club di Melbourne, scolpiti nel marmo, tra i soci fondatori spiccano i nomi di alcuni dei nostri emigranti.
In un'altra parte del mondo, a Bessemer, nello stato del Michigan arrivarono altri giovani per entrare nelle viscere della terra e scavare nelle miniere.
Ancor oggi vi abitano i nipoti dei primi pionieri partiti tanti anni fa e le croci del cimitero sono lì a ricordare.
A fine '800 se n'era andata anche la Marietta Gheller, verso lo Stato di Indipendence Missouri; da lì inviava senza soste pacchi pieni di vestiti e scarpe di ogni foggia e misura.

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