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...precedente
Con gli Scaligeri, i Visconti e la Repubblica di Venezia. La nostra terra confinava con il Trentino (ove governava un differente potere politico) e costituiva, col suo vasto e comodo pianoro, una via di comunicazione importante. La valle del Brenta era infatti presidiata da due formidabili (allora!) fortilizi: il Covolo del Buttistone e la Bastia di Enego. Le forze militari del territorio trentino-austriaco potevano evitare la valle del Brenta ed accedere a questa via naturale, priva di castelli e fortezze, per invadere il Veneto, spesso oggetto di tali invasioni. Dunque l'altopiano assumeva necessariamente una funzione strategica. Una seconda ragione d'importanza, forse la più rilevante sin dai tempi più antichi, è data dalla strumentalità di questo vasto acrocoro per l'economia di alcune grandi città, Padova in particolare. Le grandi estensioni di pascoli che le nostre montagne presentavano, dava la possibilità di portarvi numerose greggi, da cui si traeva una materia prima di fondamentale importanza nell'economia della storia antica e del Medioevo: la lana. In più, la pastorizia consentiva produzione casearia (il formaggio Asiago, allora, era un pecorino), di carne e anche di cartapecora, sostituita solo in più tarda era dalla carta. Il mercato di Padova era il mercato di riferimenti della lana. Non è un caso che si trovino tracce di strade romane in direzione dell'Altopiano: quella di Enego, Comune sul quale gravitano gli estesi pascoli della piana di Marcesina, altrettanto facilmente accessibile per i pastori di Foza; l'altra, in direzione di Marostica-Asiago.
Non è un caso perché significa che già a quell'epoca una certa frequentazione dei pascoli ci doveva essere, anche se magari i paesi veri e propri non esistevano (ma l'esistenza delle malghe e la produzione casearia d'alta montagna è documentata sin dal duecento).
Così nel già citato documento del 1085, anch'esso tratto dal Codice Ezzeliniano, si parla di"... una montagna chiamata Foza", non di un villaggio. Al momento possiamo da ciò dedurre solo che quella montagna, nel 1085, era già conosciuta e che aveva anche un nome. La conoscenza, nel contesto di quel documento che è una donazione di beni, non poteva che derivare da una ragione di natura economica: vi erano luoghi adatti al pascolo delle pecore: non castelli, né chiese, né palazzi, né opulente città. Il principale mestiere, quassù, era quello del pastore. In un'epoca buia e di scarsa popolazione, le proprietà lontane dai grandi quasi "res nullius", cosa di nessuno, ma funzionali alla pastorizia, attività che può essere esercitata solo su grandi spazi con confini labili, elastici o meglio inesistenti. Un'attività che mal si adatta con lo stesso concetto di proprietà privata e che non richiede fissa dimora, cui è invece legata la coltivazione di un dato fondo. E' la montagna "Fugia" ad essere conosciuta con un nome preciso, non l'eventuale villaggio costituito da povere casupole, ammesso esistesse.
Nel periodo di sviluppo dell'ordine benedettino, ecco che la funzione di questi frati si esercita sia col cercare di portare gente nei luoghi disabitati, sia inducendo a formare economie stanziali, terre coltivate, fattorie grazie alle quali anche una chiesa avrebbe trovato possibilità di sopravvivenza.
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