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Foza, tra l'altro, dà anche un bell'esempio di federalismo in un contesto più ampio di federalità. Il governo autonomo dell'altopiano, è stato spesso e giustamente paragonato alla Federazione Elvetica. La "Reggenza dei Sette Comuni" peraltro non poteva mai entrare nel merito degli affari dei singoli comuni, ma poteva discutere solo di ciò che competeva all'intero altopiano.
Ciascun comune, come si è detto, si basava sulla vicinia dei capifamiglia: quindi questa era la massima espressione dell'autogoverno. Si ha una ulteriore particolarità: anche il comune era costituito in forma federata: una federazione di frazioni.
Ogni frazione, detta "Colonnello" disponeva di propria autonoma politica e patrimoniale. Naturalmente, il potere fondamentale, il potere costituito, stava nella vicinia frazionale.
Come dicevo poc'anzi, Foza dà un esempio documentato. Nel 1668 infatti si dotò di uno Statuto che dettava le regole di tale organizzazione per cui si distingue la vicinia frazionale rispetto alla generale convicinia, durante la quale si deliberava attorno alle cose che riguardavano interessi dell'intera federazione frazionale, cioè il comune.
Stessa situazione è documentata sia a Rotzo che a Gallio, ove si trovano atti notarili che confermano l'esistenza di proprietà immobiliari in capo alle frazioni. Per la sopravvivenza della gente era fondamentale che la disponibilità di boschi e pascoli fosse del popolo e non dei singoli.
Un'economia come quella della pastorizia non poteva reggersi, se non attraverso il possesso di grandi estensioni di proprietà autogovernate.
Per queste ragioni, il popolo si preoccupa di consolidare, con atti scritti, l'uso che da tempo immemorabile faceva dei boschi e dei pascoli delle montagne dell'altopiano. Si preoccupa cioè di diventare a tutti gli effetti giuridici il titolare della proprietà. Si rivolge quindi all'autorità che presume essere la detentrice di tale diritto.
Per quanto riguarda Foza, la proprietà era intestata al Monastero di Campese a seguito della donazione del 1085 e di altri eventi. Su sollecitazione di capifamiglia di Foza il Monastero, nel 1448, convoca i rappresentanti della comunità per concedere loro il territorio in feudo.
Alla stessa maniera si comporta anche il Vescovo di Padova che era titolare della quasi totalità dei boschi e dei pascoli dell'altopiano, in virtù della donazione che re Berengario fece al vescovo tedesco di Padova, Sibicone, attorno al 917, donazione siti tra l'Astico ed il Brenta, al Vescovado di Padova anziché Vicenza. Così i vescovi di Padova, all'incirca nel XIV secolo, cominciano ad infeudare non più le potenti famiglie della pianura bensì il popolo, gli "homines" dei sette comuni. Dal diritto di proprietà scaturivano anche conseguenze sul governo della religione. Così sempre nel 1448 il Monastero di Campese concede il diritto di giuspatronato alla gente di Foza, diritto che consiste nell'elezione del rettore della chiesa da parte di soggetti terzi, rispetto alla chiesa, ma erigendi la stessa. In questo caso è il popolo di Foza, non già il vescovo, che costruisce la chiesa: dunque gli spetta il giuspatronato, l'elezione del prete.
Questo diritto, nell'altopiano, è tuttora vigente nel Comune di Asiago in virtù di una bolla papale del 1580. Il Comune di Asiago ha riportato quel diritto nel proprio Statuto.

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